Quella notte il vento sbatte forte sulle persiane del nostro appartamento. Neve, freddo e forti raffiche, ma il cielo, al risveglio, è strabiliante. Nonostante le temperature in picchiata, l’azzurro sopra la Basilica di Santo Stefano invita ad uscire. L’aria è gelida, pungente. Federico imbacuccato e protetto nel passeggino, scruta la città da sotto la capottina per la pioggia, accessorio indispensabile contro il freddo di Budapest.
Un misto di ghiaccio, neve e sale copre tutti i marciapiedi della capitale ungherese. Aggrappata al Rospo, che spinge sicuro il passeggino, arriviamo fino al Parlamento, seguendo la riva del Danubio.
Improvvisamente, i nostri sorrisi intirizziti si spengono. Un brivido ancora più intenso rallenta il nostro passo. Di fronte a noi circa 60 paia di scarpe di bronzo.
Spuntano glaciali dalla neve.
Un pugno nello stomaco avrebbe fatto meno male.
Ci stringiamo in un abbraccio perché di fronte a questo luogo, l’uomo percepirebbe freddo, anche se il termometro segnasse la piena estate. Sono “Cipők a Duna-parton”, le Scarpe sul Danubio, l’opera commemorativa di Pauer Gyula che testimonia l’eccidio degli ebrei del gennaio del 1944.
Centinaia di ebrei. Uomini, donne e bambini. Nessuno escluso.
Venne ordinato loro di togliere le scarpe, di girarsi, guardare un’ultima volta il Danubio… Quel fiume che diede pace ai corpi straziati dalle mitragliatrici.
Budapest, casa del terrore
Ma Budapest purtroppo è testimone di altre pagine tragiche. Ne è esempio il museo “La casa del terrore”, allestito nell’ex sede centrale della polizia segreta. L’edificio stesso ha una storia raccapricciante, colpito da atroci torture sia durante la prima che durante la seconda guerra mondiale, era casa di torture di dissidenti di ogni credo. Pareti insonorizzate, ricostruzioni delle prigioni e mostra fotografica con i volti degli aguzzini del tempo.
Questione bambini. Premesso che in occasione della nostra visita a Budapest, il museo era chiuso per ristrutturazione e che di conseguenza NON LO ABBIAMO VISITATO, vi invitiamo comunque a valutare molto bene l’ingresso alla Casa del Terrore con bimbi di età inferiore ai 10 anni.
Info pratiche se volete visitare Budapest casa del terrore
- Indirizzo: 1062 Budapest, Andrássy út 60
- Orari d’apertura: da amrtedì a domenica orario continuato dalle 10.00 alle 18.00 – la biglietteria chiude alle 17.30
- Biglietti d’ingresso: ticket in vendita a 2.000 Ft. Audio guide disponibili in lingua ingelse a 1.300 Ft. Se siete in possesso di Budapest card avrete uno sconto del 20%
- Mezzi Pubblici: il museo è raggiungibile con la Metro 1 – fermata Vörösmarty utca station o con il Tram 4 o 6 alla fermata Oktogon
Queste immagini fanno male al cuore, ma condividiamo con voi le pagine più tristi della capitale ungherese, per dire insieme MAI PIU’!
5 commenti
Io oggi sono stata tanto indecisa se scrivere o no, poi ho deciso per il no.Se avessi scritto, avrei scritto del Museo del Terrore di Budapest e della Casa di Hanna Frank, che mi figlia ha visitato rispettavimente a 9 e 11 anni. Entrambi i posti sono davvero atroci. Lei è rimasta molto scossa, ma poi si è voluta informare meglio e ha fatto, per conto suo, lunghe ricerche internet (vigilata da mia mamma) sull’argomento e su tutta la seconda guerra mondiale (approfondita dopo che è tornata dalla Normandia). Poi ha espresso un desiderio: andare ad Auschwitz! Lei dice che è pronta.. forse non lo sono io. Lei mi sembra gà sufficientemente sensibilizzata, e sono contenta che sia così anche se l’impatto è stato davvero forte!
Monica, ti ringrazio tantissimo per questa testimonianza preziosa. Hai centrato proprio il punto. Credo sia fodnamentale far conoscere ai nostri bimbi cosa sia successo – proprio per non far accadere mai più queste cose – ma non so se ci può essere un’età per non rimanere così sconvolti… perchè perfino noi adulti lo siamo…e non so se si può essere “pronti” per Auschwitz…. ma lo dico a me per prima, che rimango sempre molto, molto scossa davanti a queste cose… Federico mi ha già insegnato però (in soli 4anni) che i bimbi hanno molte + risorse di quello che pensiamo noi grandi, per cui potrebbe davvero rivelarsi una scoperta per lei!
Io ho inserito nel post 10 anni minimo perchè è l’età in cui a scuola iniziano a parlare di quella storia.
Grazie per questo scambio!!
Bellissimo il post, bellissime le parole e le foto. E bellissimo lo spunto che dai. Io penso che ci andrei con i miei bambini. L’importante è spiegare, rispondere alle loro domande e seguire il loro istinto. Penso che i bimbi siano molto più forti di quanto si pensi. E la loro istintiva curiosità li porta – forse – a comprendere meglio di un adulto. Ovviamente vanno aiutati e supportati in un percorso cosi forte. E… seguendo lo spunto di Monica… Auschwitz è nel mio cuore da tanto tempo. Prima o poi la family ci andrà… Un abbraccio e grazie per questa bella riflessione
Ne parlavamo proprio queste sere cara Vale e a me mette un pochino l’angoscia andare…anche se come dice Rospo è doveroso… Certe cose le facciamo nostre davvero, solo se le proviamo sulla nostra pelle …
Grazie a te per il contributo 🙂
Ciao mamma grazie per questo post che mi è servito per una ricerca di geografia.
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